Non si tratta solo di far bella figura. L’educazione al vino è essenziale per bere bene, senza spendere una fortuna e per esaltare, anziché uccidere, la pietanza che avete faticato amorevolmente per mettere in tavola. Al di là dell’etichetta famosa e delle super star blasonate, anche in Toscana esiste una costellazione di piccole cantine e vignaioli indipendenti che non solo portano onore al re Chianti* ma che nei propri piccoli feudi, sperimentano e producono vini di grande qualità.

Per chi viaggia animato da sana curiosità, per chi arriva in macchina per rifornire la propria cantina, per chi ha intenzione di oltrepassare i confini del Chianti Classico, ecco qualche consiglio per degustare al meglio i vini della nostra terra e non brancolare nel vuoto cosmico quando vi parleranno di terroir e sentori di fieno. Di degustazione in degustazione c’è molto da imparare e da scoprire- è come imparare a giocare a palla, bisogna provare, provare, provare… – ma un breve inciso a favore delle tante trattorie di campagna e di paese; che conoscono bene e propongono vini del proprio territorio. Sono dei gate keepers di cui fidarsi e sono allenati all’abbinamento coi piatti tipici della tradizione. Chiedete, fatevi consigliare!

ROSSI, BIANCHI, ROSATI E VIN SANTO, infinite scale di colore, gusto, abbinamenti e sentori!

Partiamo dal rosso. Le colline del chianti fiorentino che degradano verso San Gimignano sono terra di rossi pregevoli. Qui nella zona di Gambassi Terme si imbottiglia per lo più Chianti DOCG, prodotto utilizzando uve di Canaiolo, Colorino e soprattutto Sangiovese – un vitigno a bacca scura che sta alla base delle più importanti denominazioni della Toscana: oltre al Chianti si trova anche nel Brunello di Montalcino ad esempio o nel Nobile di Montepulciano…

Profumi: rosa, frutta rossa matura – come il ribes o il lampone – ciliegia marasca, chiodi di garofano
Abbinamenti: piatti corposi, in estate consigliamo un chianti giovane da affiancare alla pappa al pomodoro ad esempio ma è buona pratica abbinarlo alla cucina tradizionale toscana, alla bistecca alla fiorentina, alla cacciagione, al ragù di carne.

Il rosato in Toscana nasce dal Sangiovese ed è tornato sulla scena dopo anni di scarsa reputazione. Forse è per questo suo colore indeciso che in passato se ne è sentito dire di tutti i colori! Eppure è un vino che sorprende e che si presta a inediti abbinamenti. Ma come si ottiene? Si parte dalla pigiatura e dalla macerazione del mosto a contatto con le bucce, un passaggio che dura dalle poche ore a massimo due giorni. È una storia breve quella tra mosto e bucce, un’avventura di una notte che fa sì che il vino prenda un colore tenue, di un rosso poco convinto. Da questo momento, il vino prosegue la sua storia come fosse un bianco: fermentazione in contenitori di acciaio e cemento, svinatura e imbottigliamento.

Profumi: leggeri di rosa fragola e frutti di bosco
Abbinamenti: la sua freschezza si addice a carne bianche, zuppe di pesce e cacciucco. Da provare con i formaggi freschi di capra e con i salumi, cui controbilancia sapidità e grasso. Si apprezza meglio se servito fresco, tra i 10 e i 12°C.

Il bianco in questa zona, è soprattutto sinonimo di Trebbiano, Malvasia bianca e San Colombano. A pochi chilometri dalla famosa Vernaccia di San Gimignano, sulle colline della Valdelsa si vinificano vini leggeri, meno strutturati e di corpo della Vernaccia ma sinceri!

Profumi: fieno, fiori di campo appassiti e pesche bianche
Abbinamenti: con carni bianche e piatti di pesce

La Malvasia bianca e il trebbiano sono anche alla base del vinsanto; un vino dolce prodotto da uve che vengono lasciate appassire dopo la raccolta, appese a ganci o distese su delle stuoie di cannicci. Una volta appassite, le uve vengono pigiate e il mosto viene trasferito in piccole botti in legno, i cosiddetti caratelli. Fermentazione e invecchiamento richiedono diversi anni, non meno di tre, facendo ben attenzione che il caratello sia ben chiuso, solitamente con un tappo di sughero o legno che taluni murano con del cemento. Questo per evitare formazioni microbiologiche che potrebbero portare a risultati inattesi.

Profumi: frutta secca, uva passa e fichi, mandorle e miele
Abbinamenti: solitamente con dolci secchi e formaggi stagionati. Vi sorprenderà però in compagnia del classico crostino di fegatini, uno dei cult della cucina toscana e nel caso in cui sia un vinsanto secco, dategli una chance con i salumi.

 

*Il Chianti: qualche precisazione

In Toscana si beve il Chianti da sempre, la sua storia si perde nella notte dei tempi ma i suoi confini geografici, ovvero la circoscrizione della zona in cui si può produrre un vino chiamato Chianti, è questione moderna e risale al 1716, quando l’allora Granduca di Toscana, Cosimo III decise di riconoscerla nell’area tra le città di Firenze e Siena. A pensarci, il Chianti è nato – come entità geografica riconosciuta – ben prima di gran parte degli Stati nazionali europei, ben prima della Rivoluzione Francese!

[ngg src=”galleries” ids=”67″ display=”basic_thumbnail” override_thumbnail_settings=”1″ thumbnail_width=”800″ thumbnail_height=”600″ number_of_columns=”2″]Il Chianti ebbe subito fortuna e la richiesta superò ben presto la reale offerta tanto che si iniziò a produrre Chianti, fuori dai confini del Chianti. Fu per questo che nel 1924, nacque il Consorzio per la difesa del vino tipico del Chianti e della sua marca d’origine,  il cui simbolo – il Gallo Nero – non a caso fu preso dall’iconografia militare, essendo l’emblema della Lega Militare del Chianti [così come ritratto anche da Giorgio Vasari nella sua Allegoria del Chianti nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze]. Nel 1932 arrivò l’aggettivo Classico, che da allora distingue il vino prodotto nella zona di origine dal Chianti prodotto nelle aree limitrofe