Le Grotte di Maurizio
Un eremita e il suo mondo di uomini-pietra
Nel fitto della boscaglia dove nasce il torrente Casciani, un sentiero segnato conduce in un mondo segreto abitato da uomini-pietra.
Si scende con cautela, fino a raggiungere una gola scavata dalle acque del torrente e lì, una volta abituati gli occhi al buio, appare un sarcofago di pietra, un totem dai tratti umani, vegliato da altre figure di cemento e da un coro di teste scolpite.
Paiono resti di una civiltà antica ma provengono dal passato prossimo.
La loro storia è quella del loro artefice, Maurizio Becherini, muratore come il padre, barbiere e sarto, tre figli, vedovo. Alla morte della moglie si ritira dai francescani di San Vivaldo, dove vive una vita di preghiera interrotta di tanto in tanto da una visita a casa.
Poi, il grande salto, è il 1918 e Becherini si ritira a vita solitaria proprio in questa forra. In poco più di dieci anni addomesticherà il bosco e scolpirà la pietra, dando vita a uno spazio sacro. Costruisce una piccola cappella e dissemina il bosco di passerelle, statue, edicole, santi e simboli cristiani. Usa il cemento, le reti di pollaio a mo’ di armatura, va in cerca di conchiglie, bottoni e pietruzze per i dettagli più minuti.
Ogni tanto va a servizio nelle campagne per tirare su due lire, vede i figli, accoglie camminatori e pellegrini che vanno a trovarlo. La Chiesa intanto sembra non dare peso all’eremita e alla sua grotta sacra ma nel 1928 Maurizio prende le difese di una guaritrice a cui viene negato il sacramento dell’eucarestia. Scatena la furia del vescovo che lo tratta alla pari di un fenomeno da baraccone: “un tal Maurizio ha inteso di erigere una specie di santa caverna, per rendervi culto alla Ss. Trinità, a San Pietro, etc. rappresentati da alcune statue assolutamente grottesche e ridicole da lui stesso formate […] meta di escursioni da parte di anime grette e superstiziose o di spiriti beffardi”.
Quattro anni dopo muore, è il 1932. Oggi restano poche tracce del suo mondo, la vegetazione ha ingerito la sua arte, l’ha riconquistata, regalandoci scorsi suggestivi, rovine di un’archeologia del tutto privata.
Andare alla ricerca di quest’universo marginale è come scavare nell’immaginario di Maurizio, l’eremita e il visionario, che qui, per 13 anni seppe vivere senza alcuna cura di ciò che avveniva nel mondo cosiddetto normale.
Itinerario del percorso
Partendo dal borgo di Gambassi si percorre il tratto della Via Francigena che dal borgo porta a San Gimignano. È un tratto di strada che che offre scorci spettacolari sulla Valdelsa, su Certaldo e sulle famose torri della “Manhattan del Medioevo”.
Accompagnati da vigneti e lecceti secolari, poco dopo la località Casanuova, si imbocca un sentiero a destra che risale il fondovalle del torrente Casciani. Superata Santa Teresa, si arriva al podere di San Claudio. Procedendo lungo il torrente Casciani si arriva velocemente ai Bollori.
Per rientrare a Gambassi si imbocca si utilizza l’avvicinamento che collega direttamente al borgo.
Una variante di percorso
Un itinerario alternativo permette di risalire il torrente verso il Poggio alla Forra. Deviando sul sentiero n. 5, si possono vedere i resti dell’antico acquedotto che incanalava le acque della sorgente del Botro delle Docce.
Il vecchio acquedotto, della lunghezza di quasi 5 chilometri, fu inaugurato il 1° ottobre 1908 ed è stato un’opera di particolare importanza per l’approvvigionamento locale di acqua potabile.
Il rientro a Gambassi, dalla variante, avviene seguendo la strada Volterrana.